giovedì 22 ottobre 2015

Il corbezzolo e il Beato

Viste la calma e la spensieratezza che contraddistinguono questo periodo della mia vita, giusto per dare un po' di brio alla mia paciosa esistenza, grando capo brizzolato che quando impreca non dice cazzo ma corbezzoli, ha deciso di spedirmi a palazzo domani, venerdì, giorno che il lavoratore medio eleva a migliore della settimana, quasi un part time, un mezzo relax, un cazzeggio maximo.

Io, ultima degli schiavi, ultima arrivata, ultima ad andar via la sera, ho acconsentito col garbo che il mio ruolo di donna di cultura, elegante, fine e in armonia coi presagi astrali pretende. Poi me la sono presa col beato Tomasso, personalità cara al mio estinto nonno che usava invocarlo in malo modo almeno un paio di volte l'ora, quasi come, anzichè una bestemmia, quello fosse un intercalare. Un già, un cioè, un ehm, un infatti.

La verità è che amo questo lavoro, davvero. Mi rappresenta, mi valorizza, mi stimola. Ho lottato per averlo e per riottenerlo e, nel mio piccolo, poverissimo settore, sono fiera di aver raggiunto questo luogo, solo con le mie forze, la mia tenacia e, diciamolo, la mia capacità di apprendimento. Ma le prospettive di carriera sono poche e vane. E, soprattutto, in questo momento della carriera non me ne frega un corbezzolo.

Così, ecco, sono acidella e indisponente e quest'agitazione viscerale non riesce del tutto ad esser celata dalla mia proverbiale educazione, dal sorriso falsato e dalla serenità fittizia.

Mi consolo pensando agli occhi di Biagio, che mi manca molto più di quanto mi sarei mai aspettata. Come una mamma coi sensi di colpa lo vizio oltremisura, non riuscendo a dar retta a quella vocina che insiste nel dire che no, il prosciutto non dovresti darlgielo che gli fa male e che no, sul letto a quattro de spade tra te e tuo marito non ci dovrebbe proprio stare.

Se avrò, anche se ne dubito, la possibilità di essere madre e continuare a lavorare sarò, con buona probabilità, pessima ma consapevole di avere figli felici, sempre.

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