martedì 20 ottobre 2015

Colpi, colpe e saette

Pare che io non riesca proprio a venir fuori dalla spirale di sfiga in cui sono incappata venerdì scorso, quando la fattanza ha convinto mia suocera ad imitare una delle prodezze meglio riuscite della Kostner, questa:



Non che non ci abbia provato. Ma se lottare contro i mulini a vento come una moderna Don Chischotte in tacco 12 è impresa ardua, immaginate un po' cosa debba essere lottare contro le saette che ti seccano il mega tv della camera da letto.

Avoja a pianficare, definire, programmare, abbattere il rischio. Non c'è partita contro la saetta e, a quanto pare, manco contro mio marito che continua, per noncuranza, a infliggere colpi mortali alle nostre povere finanze, tenute in piedi con sputo e puntine colorate a forza di privazioni, risparmi e formicamenti con l'obiettivo di racimolare tutto il denaro necessario per la caccia all'erede, molto più dispendiosa, sapete, della caccia alla volpe di Elisabetta II, cani compresi.

Che mi sia pijatoammale è il minimo. Che abbia sbraitato contro l'Umile Servo è, magari, meno comprensibile ma sono pur sempre una donna col marchese, che diamine.

A tal proposito, monitoro il flusso ciclico con la speranza che giovedì sera il mio utero sia sufficientemente pulito per ricevere ospiti la mattina del giorno successivo. No, non malignate sciocchi, sono ospiti poco graditi. Il sesso ben fatto, quello che ti si appiccica addosso e ci siamo scambiati la pelle, le anime e le ossa è un ricordo sfumato, lontanissimo e piacevole. Come i gelati Eldorado. Manco so se li assaggerò più.

Ma se è vero che ad ogni rinuncia corrisponde una contropartita considerevole, beh, inizio a sfregarmi le mani che qua siamo a cavallo.

Nel frattempo altre terribili paure affollano i miei pensieri. Stavolta tocca ai follicoli, rei di aver insinuato nella mia testa il sospetto di non essere diligienti e rfiutarsi di crescere come dovrebbero. Ad alimentare il timore parole lontante nel tempo e nello spazio, quelle di SantoSpirito. E poi ci sono i blog. Le esperienze, quelle brutte soprattutto, delle altre ricercatrici mi condizionano fino a convincermi di soffrire anche io dello stesso male e della sorte toccata a loro.

Decidere di non leggere è una scelta coraggiosa, perché il bisogno di identificazione  e riconoscimento sfora i confini del buon senso. Ma devo impormelo. Perché ogni storia è unica ed io devo scrivere la mia.

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