venerdì 31 luglio 2015

Tutti si salvano da soli

Quando uno vive, vive e non si vede. Nessuno si conosce abbastanza. Nessuno coglie alcune specifiche sfumature del proprio essere fin quando un altro, suo pari, non gliele fa notare. E' quanto accade al protagonista del celebre romanzo Uno, nessuno e centomila, Vitangelo Moscarda, che attraversa una crisi d'identià quando la moglie (..le mogli? fatte apposta per scoprire i difetti del marito) gli fa notare che il suo naso pende verso destra.

Così se per esempio Mr Cospirazione, ignaro di esser considerato un complottista, potrebbe restare sopreso da quest'etichetta che gli ho appicciato addosso dopo aver osservato, giudicato e categorizzato molti dei suoi atteggiamenti, io potrei e, di fatto, sono rimasta di sasso quando lui, proprio lui, che spinge il bottone dell'ascensore con la seconda falange per non contaminarsi il polpastrello coi germi viaggiatori, mi ha dato della macabra.

Allo stupore iniziale e al generico rifiuto d'esser incasellata tra le tipe che viaggiano con un corvo sulla spalla e bevono sangue di lupo allo scoccare della mezzanotte d'ogni venerdì 13 è seguito un tormentato momento d'auto analisi durante il quale, da brava ex paziente, ho lasciato che il flusso di coscienza mi aprisse ampi spiragli di verità.

Gnente, Mr Cospirazione c'harraggione.  

E' iniziato tutto quando gli ho consigliato Shutter Island, descrivendo il film come un capolavoro assoluto al pari di The others, Il sesto senso, IT, Carrie lo sguardo di Satana, l'esorcismo di Emily Rose e via discorrendo.

Poi gli ho riferito alcuni interessanti stralci tratti dalle mie letture da cazzeggio: le ultime parole dei piloti di aerei prima dello schianto, gli animali letali dell'Australia, il profilo psicologico di Jack lo squartatore, le vittime della guerra fredda e, nello specifico, le 12 biografie IN INGLESE, dei fuggiaschi uccisi nel tentativo di passare il muro. 

Ho capito d'avere un problema quando mi sono ritrovata a studiare la storia dei sopravvisuti delle Ande, schiantati sulla cordigliera argentina, costretti al gelo e alla fame per 72 giorni, cibati dei cadaveri delle vittime per sopravvivere.

Ho accettato di buon grado e senza troppi patemi d'animo l'etichetta di macabra solo dopo essermi resa conto che le specifiche sfumature del proprio essere che noi cogliamo, se le cogliamo, solo attravero il giudizio piuttosto sommario degli altri, possono essere una risorsa. Ci spingono a soddisfare le nostre curiosità, a conoscere, informarsi, coltivare passioni e, in taluni casi, come nel mio, a motivarsi.

I superstiti del volo 571 hanno atteso i soccorsi per oltre 10 gg. Sono rimasti passivi nella speranza di essere salvati. Solo quando, tramite una radio che gli permetteva di ricervere il segnale ma non di inviarlo, hanno saputo che le ricerche si erano arrestate e che loro erano stati dati per morti, hanno reagito. E si sono salvati. Da soli.

E' così che funziona. E' così che sto facendo io.

Salvarsi è una scelta. Coraggiosa, faticosa. Profondamente intima.

giovedì 23 luglio 2015

L'indisponenza e il bio

Terzo giorno di ciclo, 14esimo di caldo africano, 15esimo di lavoro a manetta, 30esimo di sciopero bianco. Posso ufficialmente presentare la mia candidatura per il titolo di Miss Occhiaia 2015.

Peccato che lo stress abbia deciso di manifestarsi così e non con chessò tre kg in meno sulla bilancia. Sarebbe potuta nascere una solida amicizia. E invece gnente.

Questa situazione mi rende indisponente.

Per esempio muoio dalla voglia di dire a Mr. Cospirazione che no, l'olio di palma non gli farà venire il cancro e no, le lozioni per i capelli non rendono impotenti e no, la boccia non è peggio delle chierica e degli annessi, compassionevoli, tentativi per occultarla.

La tentazione di rispondere questi te li magni te, saranno boni solo co' 'na coppa de Nutella sopra alla sua offerta di assaggiare i frollini bio con fave di grano e marmellata di arance dell'Etna è stata forte. Siccome, però, Mina ha investito molto nella mia educazione (e siccome i morsi della fame alle cinque e ventitrè, dopo la Simmental e la rucola nella triste lunch box delle due iniziavano ad essere invadenti) ho accettato.

Sembravano buonissimi, quei biscotti. Ho persino creduto di aver passato un'inutile vita a foraggiare la Ferrero solo perché ostinata, stolta e ingorante. Poi, insomma, è arrivato il retrogusto e l'idillio è terminato. #Nutellaloveu #morirògrassa col #colesteroloapalla.

mercoledì 22 luglio 2015

Confessioni, consigli e necessità

Mr Cospirazione ha passato una settimana a Rimini, in un 4 stelle, in compagnia di un soggetto misterioso di cui non vuole parlare. Magari è una escort. Magari la ex. In ogni caso è tornato (poco) abbronzato e con una nuova fissa: i condizionatori portatili senza tubo. Me ne ha linkato uno che ha tutta l'aria, per colori, costo, fattezze e materiali, di essere un made in China di pessima qualità. Ma vuole risparmiare, dice. Così io gli ho consigliato la versione portable, questa qui:

Mica è da tutti avere un mini condizionatore che ti prende per il culo e gioisce delle tue pene sorride e ti aiuta a superare (quasi) indenne la sauna metro romana, no?

Il vestito che indosso oggi, secondo giorno di ciclo, è bianco e nero, scampanato. Mi rende particolarmente culonica e infligge colpi bassi alla mia autostima ma alla Ele piace pure questo. Adovo quello scricciolo di ragazza che si trucca come la Bertè.

Sarà stato l'outfit, sarà stata la caligola postmeridiana, sarà stato il secondo corso di formazione che abbiamo tenuto insieme ma la tipa s'è sciorta e ha deciso, nonostante io mi fossi impegnata a manternere un sano distacco professionale parlando del caldo e del lavoro, di rendermi edotta sulla sua controversa vita amorosa col musicista litigioso e pretenzioso, che in poco tempo ha dilapidato in viaggi e dolce vita i suoi risparmi.

L'amore che lega collega Enne al plurisposato è rinato. Si sapeva. Io, che sono onesta, ho dovuto ammettere la profondità del loro rapporto, carpita dal tono delle loro (pubbliche) conversazioni telefoniche ma ho ribadito che no, non è giusto rincorrere un uomo per tutta la vita.

Mentre dispenso consigli più o meno scontati esercitando alla meno peggio la complessa arte della retorica, cerco un modo per sopravvivere all'assenza dell'USI. A preoccuparmi non sono le mancanze affettive ma le incombenze pratiche. Tipo che ieri, resomi conto che alle dieci e mezzo di sera, dopo 12h fuori e una cena scaldata al microonde, sarei dovuta scendere per prendere le crocchette di sua maestà pelosa (quella che abbaia), volevo piangere.

Così stamattina ho pregato santa Madre di fare in modo che santo Padre me le portasse in casa. Quelle e una cassa d'acqua, già che c'era.

Credevo di essere una donna indipendente, mi sbagliavo. Sono una Princess, necessito di servitù.

martedì 21 luglio 2015

Il rosso e il nero

Non è che me la faccio prendere bene quando vedo la prima macchia rossa su mutanda intonsa. No. Non ho ancora raggiunto quell'invidiabile livello di sticazzismo che mi consentirebbe di andare avanti con la mia vita come se nulla fosse, come se non fossero quasi tre fottuti anni che sto provando ad avere un minimo, timidissimo ritardo.

No. Non me la faccio prendere bene. Me la faccio prendere a cazzo ma faccio in modo che depressione, rabbia, invidia, teorie cospirazioniste non mi convincano a lanciarmi sotto la prima metro che passa. Dopo 16 minuti di attesa e svariati santi scomodati inutilmente.

Che vojodì già il calo di ormoni ti trasforma in una gallina dislessica con le occhiaie e le piume impregnate d'olio, non si può mica pretendere che faccia i salti i gioia. O che non desideri la morte di tutti quelli che me l'hanno tirata. Perché ci sono, lo so. Esistono.

Stamattina avevo così voglia di fare outing che mi sfogata con collega Enne a cui avevo deciso di non rivolgere più la parola dopo che m'ha lasciata sola con un mare di lavoro. Avevo bisogno che qualcuno mi dicesse qualcosa di intelligente e confidavo nella sua sensibilità. Non sono rimasta delusa. Non sa lavorare ma psicanalizza che manco Sciattaman. E sono convinta porti bene. Dunno why.

Il mio vestito nero largo sul culo et qvindi ideale per occultare il Lines notte ombelico - osso sacro ha suscitato, ironia della sorte, l'attenzione di tutti. La Ele ha chiamato la Ma' che ha chiamato la . Un summit sulla mia eleganza. Enne, più terra terra, mi ha fato notare che entrambe eravamo vestite di nero. Speriamo non sia un cattivo presagio, ha detto. Collega C., il gigante siculo ombroso e cupo a tratti simpatico, mi ha chiesto se fossi in lutto. Un mezza specie, ho risposto.

lunedì 20 luglio 2015

La grazia o il tedio a morte di vivere in provincia

C'era quel piccolo negozio di cianfrusaglie, si chiamava L'Agrodolce e si trovava in una delle vie dello shopping della cittadina sede del Liceo Scientifico che io e le mie amiche frequentavamo. Dentro potevi trovarci di tutto. Dai biglietti di auguri ai cazzi di gomma. Spesso accompagnavamo qualche regalo di compleanno (una maglietta dell' Onyx, una felpa della Pickwick) con qualcosa di divertente e canzonatorio preso lì dentro.

C'era l'Alberone, una grande panoramica su Roma. Nelle sere d'inverno già all'ora di cena lo spettacolo di luci non aveva nulla da invidiare a quello delle grandi metropoli. Dietro il belvedere c'era un piccolo parco. Al riparo dagli sguardi, protetta da alberi e cespugli, diedi proprio lì il primo bacio alla francese a T., il secondo primo amore della mia vita. Come tutti i secondi primi amori non aveva nulla di magico, romantico, poetico. Somigliava a Pippo Inzaghi e ritenni questa fosse una condizione sufficiente per essere la sua ragazza. Durò due mesi.

Il piccolo bar vicino al duomo faceva pessimi caffè e bomboloni di gomma ma aveva il pregio di essere lontano da scuola, non frequentato da genitori e professori. Aveva una saletta interna buia, fumosa. C'era un biliardo. Una volta passammo lì dentro cinque ore.

Al bar Cesare, invece, riservavamo le occasioni speciali. Come quel San Valentino con l'amica C.. Eravamo appena state mollate ma avevamo deciso, per esorcizzare la singletudine di festeggiare ugualmente la ricorrenza. Riuscimmo a suscitare la misericordia d'un cameriere che ci regalò due palloncini rossi a forma di cuore.

Il mercato del mercoledì si apriva su un grande piazzale, solitamente adibito a parcheggio, tra l'ospedale e Largo Saragat, dove si trovava la nostra scuola. Ci comprai un costume azzurro a fiori rosa e gialli. Un bikini stirminzito che usai poi, a Rimini, durante la nostra vacanza post maturità.

Quando abbiamo iniziato l'univeristà il fascino e la maestosità di Roma insieme ai centri commerciali sempre più grandi e sempre meno a misura d'uomo hanno inghiottito la nostra passione per quel piccolo centro di provincia, tagliando i legami che ci tenevano ancorati ad esso.

Ci capito sempre meno spesso. E la maggior aprte delle volte solo per commissioni veloci o per qualche visita all'ospedale.

Tutti i luoghi della mia adolescenza si sono trasformati, alcuni sono spariti.

L'altro giorno, però, mi sono fermata cinque minuti ad osservare le luci dal belvedere. Quelle non sono cambiate. Io sì. Tutto sommato non mi dispiaceva poi così tanto essere una provinciale.


domenica 19 luglio 2015

Segni

Ieri il figlio della mia amica C. ha compiuto un anno. Lei ha festeggiato in pompa magna, io in pompe funebri.

L'amica N., che parla attraverso le parole del suo psaico, ha detto che l'invidia è un sentimento umano, normale e perciò tollerabile. Non dobbiamo biasimarlo, ne biasimarci.

Non sono molto d'accordo, l'invidia è un boomerang. Torna al mittente con forza doppia rispetto a quella che abbiamo impiegato nel lancio. E ti coglie 'nfronte. Bisognerebbe liberarsene.

 Fosse facile.

Sono quasi convinta che la mia infertilità si palesi attraverso qualche inequivocabile segno fisico che tutti notano tranne io. Le conversazioni con le mie amiche, quelle che non sanno nulla del nostro calvario, finiscono sempre con aneddoti di poveraggente sfigata come la sottoscritta ma, evidentemente, molto più matura e bendisposta nel raccontare le proprie vicissitudini procreative rispetto a me, che resto quasi sempre zitta, annuisco e smentisco cazzate tipo la mutazione MTHFR non ti fa venire i figli.

Effettivamente giustificare il mio sconfinato sapere diventa di volta in volta più difficile, prima o poi confesserò al mondo la mia condizione. Magari otterrò un po' più di tatto, magari un po' più di sbattimenti di coglioni. La vita è rischio.

Sarò sola a casa per due settimane, durante le quali cucinerò pochissimo e farò molto sport. A lavorare moltissimo c'ho già pensato la settimana scorsa. Tag, tabelle e cifre hanno accompagnato i miei giorni e tormentato le mie notti. Questo il motivo della mia assenza da qui. Di cui nessuno, è evidente, può aver sentito la mancanza. Nessuno tranne io, che in realtà, in base alla mia recente teoria egocentrica, sono tutti. Quindi tutti hanno sentito la mia mancanza. Quindi mi do, da sola, il bentornata.

Alla prossima, Princess.


mercoledì 8 luglio 2015

La buona scusa

Il combo bafagna romana - protesta dei macchinisti Atac mina l'autorità del mio regime. Queste ignobili condizioni non si addicono ad una Princess. Il Fronte Rivoluzionario, capitanato dall'Umile Servo Intelligente, potrebbe insorgere mentre io sono intenta a difendermi dai colpi d'ascella inferti senza pietà sui vagoni sudici e puzzolenti della metro B.

Ormai da giorni i treni passano ogni 20 minuti e durante le attese infinite consumo pacchi di fazzoletti di carta. Tampono fronte, collo e incavo tette senza sosta. Che manco mi' nonna bonanima, quantomeno lei aveva il buon gusto di usare cotone a fiorellini rosa.

Arrivata a destinazione mi fiondo in ufficio sperando che la mia responsabile, colta da buon senso, abbia rinunciato ai suoi intenti pseudo salutisti che prevedono astinenza puritana dall'aria condizionata e l'abbia impostata alla massima potenza, col rischio di fottere l'impianto elettrico di tutti i palazzi del potere.


Nessuno esce immune dalla caligola. Stamane per sventolarmi con un cartoncino ho fatto cadere a terra la scatoletta di Mentos di collega Enne, la disapora delle caramelle non ha risparmiato nemmeno un centimetro quadro del nostro ufficio, si sono sparse in anfratti sconosciuti e continuano a ricicciare fuori, come le patate.

Lei, in compenso, ha combinato un disreto casino su una lavoro che avevo iniziato io ieri e che mi era valso 100 punti fedeltà sulla tessera autostima.

Collega Effe, da qui in poi Mr. Cospirazione ha acquistato il terzo paio di scarpe in una settimana. Informazione di per se poco interessante se non fosse che le scarpe sono queste:



Sul suo conto, come se non bastasse, iniziano a circolare strane voci. Tipo che usa i tacchi interscarpa, si tinge i capelli e non preme, se non costretto da estrema necessità, il pulsante dell'ascensore perché ricettacolo di germi.

A pensarci bene, forse, il caldo con le nostre goffagini, errori e stranezze non c'entra una mazza. Però, checevoletefa', abbiamo sempre bisogno di una buona scusa.


lunedì 6 luglio 2015

Asincronia

Sono reduce da un matrimonio.
Anzi no.
Sono reduce da un sequestro di persona.
Anzi no.
Sono reduce da dodici ore di sauna senza possibilità di refrigerio.
In tacco 12.

L'amica Effe s'è sposata col suo compagno metà pisano metà argentino.

Nella solita villa alle porte di Roma (nella parte più concava dell'east zone e col 100% di umidità) abbiamo passato troppe ore con troppo cibo e troppo vino. E troppo caldo. Repetitia iuvant. 

Grazie a questi inviti a raffica (secondo matrimonio dopo una comunione, un battesimo e altri due inviti a nozze all'orizzonte) ho capito che mi piace il Prosecco e anche che due mezzi calici mi fiaccano le gambe, confonodono i pensieri e rendono, a detta delle Sisters, pure più simpatica.

Ho chiuso con l'astemismo e con gli shottini zuccherosi da adolescente. Da oggi solo calici di bianco frizzante ghiacciato.

Il turno di mattina di lunedì non ha giovato la mia ripresa. Quantomeno, però, i miei piedi sono rientrati agilmente nel sandalo stringato color sabbia che ho deciso di indossare perché va bene il luogo istituzionale ma co' sta caligola manco a Alcatraz impognono la scarpa chiusa. Alla Sister G., invece, non ha detto altrettanto bene. La mia galleria fotografica pullula di foto dei suoi piedi modello zampogna corredate da didascalie offensive del pudore e della fede e di qualche disperato appello tipo: aiutateme.

A rendere la mia sopravvivenza una sfida all'ultimo sangue ci pensa anche il trasporto pubblico romano. Un (dis)servizio che, non pago dei malfunzionamenti che ogni giorno impone ai cittadini, ha consapevolmente deciso di abbassare ulteriormente i suoi standard scatendando risse, malcontenti, guerre intestine tra pendolari, svenimenti e forse pure qualche deununcia alle Nazioni Unite per violazione della Convenzione di Ginevra.

Pare sia in corso una sorta di sciopero bianco contro la dirigenza che, immagino, impatterà moltissimo sul CEO dell'Atac che viaggia in Porche.

Da spettatore partecipante seppur nonvolente, mi chiedo quale filo di arianna colleghi le due facce di queste controverse espressioni di umanità. Cosa c'entrino le ville di matrimoni sfarzosi, la frivolezza di lanterne preconfezionate, la processione di fuochi d'artificio e le fontane luminose accese da camerieri pagati in nero con il degrado della Capitale, le cagate fuori dalla stazione Termini, il puzzo dei vagoni di metro strapiene e sudicie.

Lo sfarzo ostinato e lo sfacelo d'una nazione che nazione, forse, non ci si è sentita mai.

Siamo fuori sincrono e non ce ne rendiamo conto.

venerdì 3 luglio 2015

Fauna

Quando ti capita di lavorare per un'azienda che a sua volta presta servizio nella Pubblica Amministrazione, vieni a contatto con un numero paurosamente elevato di referenti o responsabili o, più semplicemente, capi che passano ore, giorni, settimane, mesi a studiare ostacoli in funzione della loro causa a favore dell'ostruzionismo della serenità lavorativa e, quindi, della produttività. Più il tuo knowhow sarà elevato maggiori saranno, sia per quantità che per qualità, le grane che ti tireranno addosso.

Una delle mie responsabili si chiama . E' rossa, lenitgginosa, magrissima. Somiglia a Susan Saradon. Non parla, aggredisce. E lo fa velocemente. Prima che tu possa capire con esattezza cosa cazzo vuole è già sgusciata via, guizzando come un merluzzo in una rete da pesca, lungo i corridoi labirintici che rendono così difficile l'orientamento in questo posto.

Puoi venire - ha detto ieri - ho un problema col banner. Il tempo di alzarmi che aveva già cambiato idea.

Poi ci sono le sue schiave. La Ele somiglia a paperino, cambia umore con la stessa frequenza con cui io tradisco la dieta e, pare, abbia una storia con un musicista squattrinato che, approfittando della sua posizione, sfrutta i suoi denari per la soddisfazione dei propri vizi. Non è felice e si scatta i selfie.

La Ma' è, invece, una signora sorridente giusto un poco supponente, mamma di una dodicenne che adora, complessivamente serena, gentile, accomodante. Fino a quando non le viene chiesto di lavorare.

L'unico uomo è Ste'. Intelligente, smanettone, politicamente impegnato. Un tipo interessante e interessato. Ai cazzi tuoi. Leggenda vuole che nelle sere di luna piena approfitti della tua assenza in ufficio e mentre fai pipì o sorseggi un caffè spii senza vergogna la tua cronologia di uazzapp.

A quattro mesi e mezzo dal mio debutto traccio profili psicologici della complessa e variegata fauna lavorativa che mi circonda nel tentativo, spesso vano, di difendermi e fare bella impressione consapevole di non averne bisogno perché tutti, in fondo, fanno la stessa cosa con me, senza che io me ne renda conto.

La verità, pensavo stamattina, è che siamo troppo concentrati a scrutare gli altri per tornaconto invece che sviluppare empatia, fili emotivi che ci permetterebbero, magari, di vivere più sereni e sentirci più liberi di dire, chessò, alla che se non urla e non smerluzza via dopo aver farfugliato una frase incomprensibile, siamo tutti più felici. E lavoriamo pure meglio.