martedì 15 settembre 2015

In vino veritas

Riccardo ha 36 anni e nessuna scusa. Se non quella di avere un'intelligenza emotiva un po' sopra la media che lo rende sensibile, vulnerabile e perciò incline alle autogratificazioni momentanee e dannose che i benpensanti chiamano, semplicemente, vizi.

Riccardo abusa di alcool. Quando beve diventa logorroico, un poco paranoico ma mai violento. L'alcool, soprattutto, non assopisce i suoi sensi ne rallenta le sue sinapsi.

Ci siamo incontrati in metropolitana, poi sul bus, infine gli ho dato un passaggio a casa. Abbiamo parlato di musica, teologia, fisica. Abbiamo parlato di me. Come quando parti da una voce a caso su Wikipedia e la sua fitta rete di collegamenti ti porta su una pagina già nota ma che non avresti mai pensato di raggiungere così.

Certo che ho la crisi della trentenne perché a trent'anni capisci di essere mortale, senti il peso del limite naturale del libero arbirtrio, fai i conti e impari, per certi versi, ad accettare le aspettitve disilluse dei tuoi vent'anni.

Che rimanga tra me, te e il cruscotto. Queste tue parole mi fanno capire una cosa. Non sei felice.

Hai mai consciuto qualcuno davvero felice?

A ben pensarci no. E chi si autoproclama felice mente.

La felicità è una folata di vento, una scarica fortissima ma fugace di adrenalina. Non dura. Non è fatta per durare. Quella è la serenità.

Io comunque sono stato felice, sì felice!, di aver chiacchierato con te stasera

Anche io. Ma bevi de meno Riccardì.

E tu stai serena, trent'anni sono pochi per rinunciare alle utopie. 

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