lunedì 23 novembre 2015

Derive tecnologiche e drammi digitali

A farmi prendere bene il lunedì manco c'ho provato stavolta. Sfido chiunque ad essere di ottimo umore quando una delle tragedie più cruente del'uomo contemporaneo si abbatte senza remore sul quotidiano grigiore di un giorno di fine novembre. Il mio hard disk s'è sminchiato. A nulla sono valsi disperati e reiterati tentativi, frutto di consigli pescati su forum di smanettoni, di salvargli la vita o, quantomeno, recuperare anni di dati. Aveva dato, a onor del vero, qualche avvisaglia. Sottovalutarla è stato fatale. Le mie speranze ora risiedono nelle mani d'oro di un collega che ha mitigato il suo naturale ottimismo nerd con un faccio il possibile ma non garantisco. Che nella mia lingua vuol dire: rassegnati.

A dare forfait non è stato solo il fedele depositario delle mie memorie digitali. In pochi giorni ben due mouse e un caricabatterie hanno smesso di funzionare. A riequilibrare solo parzialmente il bilancio delle perdite c'ha pensato la tv della camera da letto, quella colpita da una saetta, che dopo il cambio d'un fusibile e una piccola modifica non meglio specificata, ha ricomiciato a trasmettere immagini.

La mia sbadataggine ha completato il quadro. Ho perso il token Unicredit, già scaduto e in procinto di essere sostituito. L'ho rimosso dal mazzo di chiavi pensando di fare cosa buona e giusta, credevo di essermelo messo in tasca. S'è smaterializzato. Speravo, visto che non funzionava già più, di poter evitare la denuncia di smarrimento e prenderne direttamente un altro ma l'impiegato della banca stamane al telefono è stato incorruttibile e lapidario: la denuncia va fatta.

Mentre cerco in malomodo e pure di malavaoglia di far fronte a queste piccole grandi sfighe quotidiane, lotto col sonno accecante del lunedì, quello da post notte bianca. Mitigo rupetuti sbadigli con un tono di voce squillante e in barba al cuore bellerino mi drogo di caffeina.

La cosa davvero avvilente è la costanza con cui i miei tentativi di lotta contro l'insonnia falliscono miseramente, seguendo sempre la stessa deprimente prassi.

Le cose vanno più o meno così. C'è questo gregge di pecore, hanno un'espressione gaia e la lana morbida e soffice, come le nuovole. Una alla volta saltano la staccionata. Il balzo è deciso, precedeuto da una breve rincorsa. Io le conto. Alla terza decina decidono di variare il salto. Alcune, come ballerine, lo fanno sulle punte, altre usano il bastone da salto in alto, altre ancora si esibiscono in tripli carpiati, qualcuna, più timorosa, prende la rincorsa più volte. Di solito a questo punto compare il cane, un pastore maremmano che mi fissa con la lingua penzoloni. Poi le pecore inziano a colorarsi. Diventano rosse, gualle, blu, viola. E' a quel punto che la smetto con le smanie da pastorella e inizio a concentrarmi sulla respirazione. Provo a rallentarla e mi focalizzo sugli impulsi elettrici degli assoni, me li immagino, ci parlo rallentate, diavolaccio, devo dormire!. Stremata, alla fine, mi alzo. Memore di aver letto da qualche parte che l'unico modo per sconfiggere l'insonnia è smettere di combatterla.

Così stanotte alle due ho fatto una ricerca su contratti coccodè, versamenti previdenziali e f24.

Mi sono addormentata sognando la busta paga, il bonus renziano e le 300 euro di ritenute.

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