giovedì 16 aprile 2015

A picco

Tette. Maledette tette. Sono passate dallo stato arancia rossa siciliana a quello di susina matura da un giorno all'altro. Senza manco avvisare. Again.

Per non parlare del progesterone. Colato a picco nel tumultuoso mare del mio organismo nella notte a cavallo tra martedì e mercoledì. Amici e parenti tutti posero.

Di sicuro quella che l'ha presa peggio sono stata io, che me la sono pianta per una buona mezz'ora sulla spalla di un marito reso momentaneamente orbo dall'operazione per la correzione della miopia.

Cechi, struppi e desolati.

La speranza, sapete, è un sentimento tutt'altro che nobile. Ti seduce, ti spinge ad ancorarti ad argomentazioni labili su basi traballanti e poi ti lascia sola col tuo dolore, col rimorso per averci creduto troppo.

La speranza m'ha quasi spinto a googolare cose tipo tette mosce eppure incinta poi niente, mi sono ricordata d'avere un cervello. E pure che su internet mi sono beccata cancri, malattie neurodegenerative e autoimmuni nonché laparoscopie finite tragicamente. Colpa dell'indicizzazione, m'hanno detto. Fatta a cazdercan, aggiungo io dall'alto della mia oramai pluriennale esperienza da (quasi) informatica ben informata.

Arresa all'evidenza della tetta spompa, dell'utero ballerino, del brufolotto sul mento, delle sessioni depressive a intervalli di cinque e dell'insolità motilità intestinale ho deciso di chiamare Sbocaccio. Non che ne sentissi il bisogno ma data presunta ciclo combacia a data fissata visita. Quindi credevo di dover rimandare.

E invece no.

Se ti devo visitare ti visito lo stesso, anzi, il ciclo è la condizione ideale!

La condizione ideale.

Cioè, che schifo.

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