Spero che Sciattaman sia fiero di me per questa frase.
Il nuovo progetto a cui insieme a un grafico, un sistemista e un capo, sto lavorando da un mese, inizia a prender forma. Con esso, l'orgoglio per aver preso parte a qualcosa di nuovo, stimolante e visibile a tutti, ma proprio a tutti.
Le soddisfazioni lavorative vanno di pari passo con le paure riguardo la mia vita privata. Potrei non diventare mai madre, potrei, persino, non essere più moglie. Potrei morire. Il mondo potrebbe finire. Potremmo morire tutti. E allora sticazzi, no?
Con l'obiettivo manifesto di recuperare un po' di serenità e frivolezza adolescenziale, ho inviato l'USI a prendere una cioccolata calda in una nota pasticceria siciliana, qui a Roma. M'è venuta voglia di cannolo alla ricotta, però al cioccolato e ho tutta l'intenzione di incipriarmi il pancreas di zuccheri prima che Sboccaccio mi imponga un sano, puritano ascetismo.
La visita, in programma il 16 dicembre, potrebbe imporre l'ennesimo standby oppure dare un'accellerata improvvisa, spericolata e netta alle mie speranze gettando, in questo caso, un bel po' di confusione nelle nostre vite.
Quando ci ragiono sù i pensieri si accavallano, scalpitano per ottenere il podio della mia attenzione, la priorità. Di solito, quindi, io chiudo gli occhi e respiro. Lascio che a prendere il sopravvento sia la sinapsi più docile, lieve e timida. Quella più rilassante.
Per esempio nel weekend vorrei fare colazione con la treccia al cioccolato.
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