lunedì 28 dicembre 2015

Che la forza sia con me

La fede non scivola liscia sull'anulare. Fa un piccolo pit-stop e riparte su spinta, tipo l'Ape verde di nonno Sergio quando s'ingolfava per il freddo. La linea dello zigomo, così faticosamente conquistata a suon di rinunce, s'è addolcita sotto il peso del carboitrato. Cerco di far riemergere le compiante spigolosità a suon di acqua e carbone vegetale ma per il momento la situazione è questa:


Come se i bagordi nalizi non avessero già compromesso irrimediabilmente la mia autostima, il consueto taglio fai-da-te della frangia in eccesso s'è rivelato fallimentare. Paro Fantaghirò con le extention attaccate ad minchiam.

In compenso ho fatto felice mio marito. No, non mi sono concessa a lui cosparsa di zucchero a velo, gli ho fatto l'xbox one per Natale. Trecento pippi e passa pure l'ansia della bolletta dell'Eni. Che a ben pensarci è stata scelta poco saggia, pure quella. Ora passa più tempo in poltrona che a letto e non pienamente soddisfatto dei suoi giochi, ha deciso poco democraticamente di comprarsene un altro.

Intanto, con l'intenzione di riempire l'enorme gap cultural-popolare che separava il mio bagaglio esperienziale da quello dell'umanità tutta ho visto l'intera saga StarWars. Quattro giorni, 7 film, un popcorn jumbo, 15 euro di cinema e sono diventata la terza gemella di Luke Skywalker. Roba che stamane, sul Cotral delle nove in viaggio verso il lavoro, nel dormiveglia di chi ha gioito del letargo festivo e stenta a riabilitarsi all'uso dell'intelletto sapiens, pensavo a ripercorrere l'intera storia, mettendo in fila gli eventi. Sì perché l'USI, cinefilo tradizionalista, mi ha imposto la visione in ordine cronologico, partendo dall'episiodio IV, passando per i primi tre e sparandomi il settimo a conclusione.

Ho ricevuto due tazze da colazione, una scatola di cioccolatini e una candela a forma di pianta grassa dalle sisters. Il cavalletto per la Canon, regalo dell'USI, mi eviterà finalmente arrampicate moleste, piani d'appoggio discutibili (per fotografare la porta di Brandeburgo di notte, per esempio, ho sfruttato un bidone della spazzatura) e accoppiamenti imbarazzanti con sampietrini, aiuole, marmi e pavimenti di vario tipo.

Mi regalerò anche un taglio di capelli per fine anno, perché un fungo atomico su un mappamondo è cattivo auspicio.

giovedì 24 dicembre 2015

La pienezza del sé

La CapaLì mi ha regalato una saponetta artigianale alla lavanda, idratante e calmante. Ho il vago sospetto che il presente contenga un messaggio, manco troppo velato. In barba a qualsivoglia tradizione l'ho usata già oggi, sotto la doccia, nell'apposito contenitore di feltro che, garantiscono le istruzioni, a contatto con la pelle stimola la microcircolazione.

Il ciclo è tornato stamane, non che mi aspettassi ritardi. Io e l'USI abbiamo mollato i rapporti mirati. Che non significa mollare l'idea di avere un figlio, semplicemente non crediamo più ai miracoli e attendiamo, quasi sereni, l'appuntamento con Sboccaccio, nella speranza stavolta non salti.

Ormai avvezza ai tiri sinistri delle mie ovaie ho deciso di ignorare fastidi, dolori, gonfiore e stasera indosserò comunque il vestito color senape, acquistato in preda a mistica ammirazione, in una bancarella di via Lepanto, mentre attendevo scoccasse l'ora dell'appuntamento al patronato, per la firma del contratto.

Sono indeterminata. E' solo una parola e ha pure perso il valore che aveva fino a qualche tempo fa. Ma dopo sei anni di precariato, contratti fuffa firmati persino a cadenza mensile, perdita senza preavviso di un lavoro che amavo, assenza di ferie, malattie, diritti quella piccola, stupida parola per me continua ad avere un grande significato. L'azienda non se la passa bene e sarebbe da ingenui pensare che quest'impiego possa durare per sempre. Ma ho imparato a godere delle gioie della vita, seppur fugaci. Sono, del resto, fugaci anche le nostre esistenze, paragonate all'anzianità del mondo.

L'unico buon proposito per il nuovo anno è eliminare o, quantomeno, diminuire gli zuccheri nella mia alimentazione. Magari metterci su pure un po' più di sport. Voglio stare meglio, sentirmi meglio.

Gli obiettivi, invece, sono grossomodo sempre gli stessi. L'erede, ovvio e le mie passioni. Voglio continuare a coltivarle, a lavorare sodo, ad arricchirmi.

Se chiudo gli occhi adesso non vedo la persona che vorrei essere, me la sento dentro.

Il 2015 mi ha restituito me stessa e pure se gli anni, dopotutto, sono solo convenzioni io guardo a questo ciclo finalmente fiera, serena, sicura e riconoscente.

sabato 19 dicembre 2015

Non dire gatto

Quando le cose vanno esattamente come dovrebbero andare vengo paradossalmente pervasa da un persistente e fastidioso senso di insicurezza, retaggio di chissà quale trauma infantile. Incredula e con la paura che l'ingulèt sia sempre dietro l'angolo resto acquattata, guardinga e sospettosa come il gatto col topo.

C'ho messo tre giorni per accogliere senza remore la soddisfazione derivante dal nostro recente successo lavorativo. Il progetto a cui stavamo lavorando da un paio di mesi si è concluso in bellezza dopo una maratona di 14h, che manco Mentana. E quindi uscimmo a riveder le stelle alle due di notte, in una Roma deserta, addormentata e agghindata a festa. Troppo stanchi, forse, per bearci di questo insolito privilegio, abbiamo camminato per una mezz'ora per raggiungere la macchina del nostro collega, gentilmente prestatosi a fare da tassinaro.

Sono riuscita ad inserire la chiave nella toppa del portone di casa solo alle 3 e mezzo del mattino. Quel genio di mio marito aveva abbassato il chiavistello. Assonnata com'ero ho deciso di bypassare le buone maniere e l'ho chiamato al telefono. E' venuto ad aprirmi con questa faccia qui:



ed io l'ho trovato carino lo stesso. Se questo non è amore l'amore non esiste.

Se sia stato merito mio o merito di Renzi col sui jobs act non è dato sapere, fattostà che stavolta nella mia casella di posta c'è una proposta di lavoro un tantinello diversa sa quella di cui qui.

Tempo indeterminato.

Con le premesse di cui sopra capirete che questa notizia manco c'ho provato ad assimilarla. Me ne sono rimasta qua, acquattata, guardinga e sospettosa come il gatto col topo.

martedì 15 dicembre 2015

Il Mycoplasma fantasma

Ho posticipato l'alzata di un'ora e ho fatto bene. Dopo l'ennesima invasione della mia intimità ho avuto tempo di vagare, fare shopping e cambiare la batteria del mio Tissot, regalo di laurea dell'Umile Servo.

La prima volta che fai le analisi al Bonfratelli pensi toh che culo, almeno c'è er Tevere, le foglie autunnali, la luce del centro, le pantegane. Pensa se capitavi al Pertini. La seconda ti consoli con una colazione abbondande e un po' di vagabondaggio mattutino, sola con la tua città. La terza, ecco, la terza ti rode il culo. Soprattutto se vieni cazziata, in due diverse occasioni.

Il primo shampoo me l'ha fatto 'sta tipa col fieno in testa e gli occhiali spessi e tondi. Ho chiamato il suo numero tante volte, lei manco m'ha guardato. Te credo, scema. Facevo la fila sbagliata. L'ultima volta non sono passata per la sala prelievi, attigua a quella degli smutandamenti ma, pare, le regole siano cambiate e prima di calarti le braghe ora devi comunque fare una capatina dai vampiri, che ti registrano e forniscono tramite una finestrella tutto l'armamentario al medico di laboratorio, così s'è definito il secondo moralizzatore della giornata. Il mio reato, in questo caso, è stato tacere riguardo il mio utero retroflesso. Sarebbe bene dirlo però eh, l'avrei fatta mettere in un'altra posizione. Strano che abbia trovato difficoltà uno che 1 minuto prima s'era complimentato con la sottoscritta per aver avuto la fortuna di essere capitata nelle mani migliori dell'ospedale. Chi si loda si sbroda, si sa.

Non paga di aver mostrato i calzini rosa regalo della Sister, rigorosamente in tinta col perizoma fuxia, a uno con un topo morto a fargli da riporto ho chieso a Mr Modestia se questo Ureaplasma sia davvero così difficile da debellare.

Dubito persino che ci sia

Come scusi?

I tamponi se fatti male danno risultati falsati. Azzarderei un 50% di Ureaplasma inesistenti nelle diagnosi. E comunque il problema non è se sta in vagina ma se colonizza la cervice. Inoltre sono molto sensibili al principo attivo presente nell'antibiotico che ha preso

Quindi si spera l'abbia debellato?

No. Anzi. Se adesso ce l'ha ancora dubito ci sia mai stato veramente.

Ora. Io non sono un medico e ho pure, quasi, perso il vizio di googolare sintomi, malattie e batteri da nomi aramaici ma questo discorso, capirete bene, non m'ha convinto per niente tanto che quando il tipo mi ha consigliato di chiedere di lui in occasione del prossimo test, che mi auguro non sarà necessario, ho svagato e detto una cosa tipo certo, vediamo come sono messa col lavoro, purtroppo devo incastrare la mia vita tipo tetris e temo dovrò accontentarmi del medico che troverò.

Per tornare verso il lavoro ho seguito l'itinerario già sperimentato in altra occasione saltando, per questioni di tempo, la passeggiata a Trastevere.

In compenso ho proseguito il mio pellegrinaggio in Santa Maria in aracoeli. Sempre la stessa richiesta, con un voto e una candela accesa in più.

Ieri sera, invece, l'albero di Piazza Venezia s'è illuminato nel momento esatto in cui mi sono voltata a guardarlo. Non è che mi sento tipo l'eletto di Matrix per questa fortuita coincidenza ma la sensazione è stata piacevole, come quando hai la certezza che qualcuno in quell'esatto momento ti stia pensando e ti senti un po' speciale, unica, importante.

Via dei fori imperiali era colorata del rosa tipico dei tramonti invernali e corposi stormi di piccoli uccelli, sembravano rondini, disegnavano geometrie fluide sotto la cupola di un cielo pastello. Manca un bel pezzo d'amore nella mia vita ma se quello che diceva Dante è vero quest'investimento non sarà a perdere. In ogni caso.

mercoledì 9 dicembre 2015

Il diaframma e l'arte astratta

Dicasi respirazione diaframmatica la funzione fisiologica che ci consente di ispirare ed espirare tramite l'uso di un piccolo e spesso ignorato organo, il diaframma appunto, che si trova subito sotto il torace. La respirazione  diaframmatica può essere volontaria, guidata, controllata ed è usata soprattutto nel canto e da chi suona uno strumento a fiato perché consente di dosare l'ossigeno, gestire il ritmo. Ad avermela insegnata è stato proprio il mio maestro di musica che usava tenermi le spalle col palmo della mano in modo da costringermi a controllare il respiro attraverso la  panza, anziché col torace.

Pare una cosa aliena, I know. In realtà quando dormiamo usiamo solo il diaframma, in maniera totalmente inconsapevole, per giunta.

Ma questo tipo di respirazione oltre che a migliorare postura e concentrazione è utile pure nella gestione dello stress. In sostanza vi consiglio di farvi ricorso quando, come me in questo momento, siete incazzati neri ma per ovvi motivi di civile convinvenza non potete scaraventare contro il muro qualsiasi cosa vi capiti a tiro, tanto meno brandire oggetti contuntendi contro qualsiasi persona vi capiti a tiro.

Oggetto/soggetto della mia ira funesta Collega Enne, che si è detta indisposta a coprirmi in occasione della pubblicazione del nuovo sito per evitare di farmi saltare la tanto attesa visita con Sboccaccio, rimandata di qualche ora. Questa circostanza, in ultima analisi, mi sarà fatale. Non potrò assentarmi dal lavoro, non potrò andare da lui. Col Natale in mezzo il prossimo appuntamento sarà l'8 gennaio. Altri 20 giorni di attesa snervante. Senza contare la partenza, prevista ma non ancora programmata, di mio marito per lavoro. Starà fuori un mese e mezzo durante il quale, a meno che non abbiano inventato una tecnica di inseminazione in vitro via telematica di cui non sono venuta a conoscienza, dovremo imporci un ennesimo stop.

Ammetto che l'idea di mollare tutto, dopo quasi tre anni e mezzo di ricerca e fermi giudiziari di varia estrazione è più che un'idea, quasi un bisogno. Ma ormai sono una macchina da combattimento. O magari un kamikaze, vacceacapì e tra uno smadonnamento e l'altro ho già provato a chiamare il capo delle passere un paio di volte per sapere, almeno, se intanto posso ripetere il tampone nella speranza di aver debellato l'Ureaplasma, evitando così altri inutili rinvii.
Ogni volta che un appuntamento così importante slitta sento sfuggirmi tra le dita una possibilità. Ho imparato ad aspettare, forse, ma non imparerò mai ad accettare le imposizioni del fato. Anche perché, diciamolo pure, se c'è un disegno è un Picasso, necessita di interpretazione, analisi e sensibilità. E io ho sempre preferito Caravaggio.

lunedì 7 dicembre 2015

Regressioni

Le mie altalene emozionali subiscono diversi tipi di forze, endogene ed esogene. Gli ormoni, in primis. La PMS è la principale responsabile dei mali che trafiggono la mia anima. Poi c'è il meteo. Il grigiore dei lunghi inverni, la pioggia, il freddo e i venti svegliano demoni assopiti. Infine c'è il lunedì che ha lo stesso, o quasi, potenziale distruttivo del premestruo. Reggere il carico di questa negatività è spesso impresa impossibile e se durante gli altri giorni cerco di mantenere un apparente, precario equilibrio barcamenandomi tra impegni, pensieri, regole e omissioni e galleggiando alla meno peggio sull'immenso mare di merda che è attualmente la base della mia esistenza, il lunedì no. Il lunedì non ce la faccio.

Certe volte mantenere la presa fa più male che lasciarsi andare. Invano tento di risollevare il mio umore da terra, invano provo a scacciare domande senza risposta che generano ansie, incertezze, frustrazioni.

La diretta conseguenza è un clima teso, un'atmosfera irrespirabile e un tracollo violento e improvviso di quello status così faticosamente raggiunto a forza di sacrifici, rospi ingoiati, siringoni d'ottimismo e gioia di vivere.

Il fatto è che sono sola. E per la prima volta in vita mia sento il peso di questa condizione tutta sulle mie spalle. Sul petto, anzi. Subito sotto lo sterno dove nascono i respiri, dove si piazzano i magoni, dove, a ben vedere, ha origine la sofferenza.

Di lunedì torno a chiedermi se ce la faremo mai. Se riusciremo mai ad essere felici come, in fondo, meritiamo entrambi, nonostante le reciproche mancanze, i dissapori, nonostante l'amaro retrogusto di un incubo che non sembra voler finire.

Non riesco più a sorridere, non sorrido da più di un mese. Quei sintomi fisici, figli della depressione, che avevo orgogliosamente e faticosamente debellato stanno tornando, uno a uno. Il cuore manca qualche battito oppure esagera, quasi come a vibrare. I crampi mi attanagliano, spasmi notturni ai piedi. Lo stomaco si chiude, brucia e si contorce. I mal di testa annebbiano la vista e confondono i pensieri.

Sono poco lucida. Non mi piaccio, non ne vado fiera ma non ho quasi più armi. Ne sono uscita una volta, non so come farò adesso, non so cosa ne sarà di me. Non posso combattere ancora, da sola. Eppure, in qualche modo, devo. Eppure questa condizione, in qualche modo, dovrà finire. Vorrei che anche lui raggiungesse questa consapevolezza, vorrei lottasse per noi, per la famiglia che abbiamo sempre desiderato, per il come potrebbe essere, per il nostro potenziale d'amore per ora sprecato, agonizzante, quasi esanime, in quello stesso mare di merda dove, non senza difficoltà, galleggio io.

domenica 6 dicembre 2015

Il primo dopo i trenta

Come i più affezionati sapranno, nel giorno del mio compleanno la sfiga è solita perseguitarmi, come se l'avanzare inesorabile degli anni non fosse già motivo di tedio. A farmi da amuleto solo gli auguri più o meno spontanei di amici, parenti, conoscenti e l'ultimo regalo della Sister G., un corno rosso con su scritto Ischia che ho avuto la premura di appendere dietro il portone di ingresso di casa.

Quest'anno a farmi sentire il peso di quell'uno dopo il trenta ci si è messo lo sciopero dei mezzi di cui sono venuta a conoscenza, con vergognoso ritardo, mentre ero in fermata in attesa del bus provinciale. Metro chiusa e targhe alterne. Per muoversi a Roma occorrevano le ali.

Se non altro, durante l'infinita attesa del 163 per stazione Tiburtina ho trovato e acquistato, alla modica cifra di un euro, un anello regale, questo:


E ho pensato che nonostante tutto io, un giorno, sarò Regina.

martedì 1 dicembre 2015

Tutto il resto, nel mezzo

Le pezze in quanto pezze difettano di efficacia. Il recupero dati sul mio hard disk ha salvato la mia tesina di maturità ma tutti lavori grafici fatti con Photoshop negli ultimi due anni sono stati voracemente ingoiati dal buco nero digitale, quel luogo mitologico e inesplorabile in cui confluiscono i bit persi.

In compenso sono riuscita a recuperare i .doc che riportano, con precisione maniacale da tic nervoso della palpebra sopracigliare, le to do list rispettivamente annuale e mensile (quest'ultima a onor del vero diventa bimestrale in corso d'opera, placando così un malcelato senso di inadeguatezza).

Che io abbia problemi con le gestione del tempo non è una novità. Non è mai abbastanza oppure non scorre mai velocemente come vorrei. Tipo che ieri quando mia cognata, alla sua seconda gravidanza, ha annunciato su Facebbok il sesso del nascituro, avrei voluto essere al 16 dicembre. Di più, avrei voluto essere immersa nella fase buchi in panza o magari direttamente al pick up - transfert - nascita plurigemellare - festa dei 18 anni - laurea - lacrimuccia.

Quando premo il fast forward dei miei pensieri, costringendo ad accelerazioni imprudenti i miei flussi neuronali, penso spesso al Michael Newman di Cambia la tua vita con un click. Non c'è nulla di buono nel saltare le tappe, nulla di sano nel desiderio che il tempo si accorci nella speranza che l'obiettivo per cui stiamo lavorando si palesi, finalmente, davanti ai nostri occhi. Così facendo si trascurano gli attimi, si sminuisce il peso della quotidianità, del costruire. 

Se il flusso di autocoscienza è così accurato e profondo da funzionare, dopo aver placato l'ansia da prestazione inizio a godermi la vita, con l'assurda pretesa di costruire bei ricordi anche di questo periodo fatto di attese snervanti e avvilenti, di fasi di incertezza e vuoto cosmico ma pure di tanta speranza. Di desideri, aspirazioni. Vita.