giovedì 29 ottobre 2015

Mentre tutto scorre

Il fatto che adori Dostoevskij e tutto il corredo di eculubrazioni mentali che si porta in dote non mi esime dal leggere monnezza industriale da far causa alla foresta amazzonica per fornitura impropria di materia prima. Stamattina, per esempio, ho annegato le mie sinapsi in un Dan Brown di pessima fattura, Inferno. Avevo smesso con la letteratura spazzattura tre anni orsono, dopo il terzo Cinquanta sfumature di colore a caso, comprato per pochi euro in edizione tascabile tanto per allineare il livello delle mie letture a quello delle mie vacanze. Mi riferisco ad una crociera nelle isole greche, in una cabina senza oblò ma col televisore, durante la quale abbiamo mangiato sempre, mangiato troppo, mangiato male e visitato pochissimi luoghi degni di interesse, per pochissimo tempo.

Del resto ho bisogno di leggerezza.

Le mie visite a palazzo non sono più impegnative di quanto avevo pronosticato, ma manco meno. Richiedono tempo, impegno, dedizione, costanza. Così uscita da lì mi fiondo a capo fitto dentro scenari rosa, soffici, rassicuranti. Tanto che potrei, persino, riprovare lo smalto semipermanente o comprare un altro paio di scarpe. Magari il profumo al mandarino e basilico. O anche la spazzola termica della Imetec.

Oltretutto notizie nefaste continuano ad appesantire l'aria che si respira in questo piccolo ufficio. Grande capo brizzolato, gentelman degli informatici, rassicurante omone col nome d'un imperatore se ne va. Pare abbia trovato di meglio nientedimeno che in Veneto dove si trasferirà a breve con la sua famiglia. A sostituirlo potrebbe essere una tipa arcigna e puntigliosa con un nome insolito che io, ostinata, continuo ad associare alla parola Cuspide. Niente di buono, insomma. Ma a risentire più di tutti di questo imminente distacco sarà Collega Enne, a mio avviso segretamente innamorata di lui, tanto da avergli dedicato una melensa lettera d'addio. Ben fatta, in verità.

Mr Cospirazione, intanto, continua a guardare film su alieni, terre misteriose, scenari post apocalittici. E m'è entrato in fissa col tempo. No, non quello atmosferico su cui, comunque, trova qualcosa di losco e lobbistico. Il tempo cronologico reo, secondo lui, di scorrere troppo in fretta e in modo anomalo.

Sono abbastanza sicura che le sue affermazioni a riguardo contengano sfumature che la mia intelligenza comune, da persona non illuminata, non riesce a cogliere. In ogni caso mi hanno spinta a riflettere sulla fiugacità di questo anno che mi è passato davanti, tra alti e bassi, senza quasi me ne accorgessi.

Altri due mesi e sarà 2016.

Il listone di programmi e obiettivi, redatto a dicembre dell'anno scorso, presenta solo poche voci ancora da depennare. Una di queste è la FIVET.

Volevo dire all'erede che, volendo, può presentarsi all'appello pure senza. Sono sicura che nessuno, me compresa, si offenderà se questo particolare task resterà, per buona causa, incompiuto.

martedì 27 ottobre 2015

Il trono di passere

Esiste una soglia oltre la quale la stanchezza non è più stanchezza. E' istinto di sopravvivenza. Succede quando la tua sveglia suona alle 5 ma il tuo letto non ti rivedrà che per mezzanotte.

Stavolta la fila al bonfratelli è stata più impegnativa, non fosse altro perché smutandarsi per due volte di seguito nell'arco di pochi minuti, in due diverse stanze, reparti ospedalieri, davanti a due diversi camici e un indistinto nuvolo di specializzanti guardoni non è esattamente la realizzazione del sogno americano, manco di quello italiano. In ogni caso abbiamo finalmente depennato altre due voci dal listone nero delle analisi pre FIVET e in segno di pace, per dimostrare al fato di non essere un tipo rancoroso, mi sono presentata all'appello con i miei stivali neri freschi di Zalando, arrivati a destinazione lunedì scorso.

In preda a smanie efficientiste ho prenotato l'ecografia mammaria da negnente, il mio medico di famiglia nel frattempo trasferitosi col suo studio a 10 km da casa mia. Mi vedrà il 6 novembre, un giorno prima dei primi, temutissimi, risultati.

Lo specchio del cessetto dell'ufficio, quello più vicino che comunque dista due corridoi e tre angoli, mi ha restituito poc'anzi un'immagine poco rassicurante. Una tipa a cui non scipperesti manco le mutande. Sto messa peggio de una profuga siriana, perdonate la battuta infelice. Di sicuro il mio usurato vestito a tunica non giova alla mia immagine ma, senz'altro, l'occhiaia infossata e il capello pagliato sono i principali responsabili di cotanta sciatteria. Ho intenzione di recuperare domani, col tailleur grigio fumo e lo chignon delle grandi occsioni. Il lavoro assorbirà le mie poche, inadeguate energie superstiti, presentandomi il conto di una giornata tutto sommato tranquilla, quella di oggi.

Collega Enne mi ha reso partecipe della sua ultima avventura erotica con un 56enne amorevolmente ribattezzato il vecio, nomignolo con cui ha salvato il suo numero persino su Whatsapp. Pare che il nonnetto sia prestante, belloccio e insaziabile.

Chiamata in causa su una questione delicata, la gestione e l'esposizione della passera duepuntozero, mi sono sentita in diritto di proporle una sfida: chi la fa vedere a più persone entro la fine dell'anno sarà regina. 

Mi piace vincere facile.

domenica 25 ottobre 2015

Il presente e la luce dell'est

In questo momento il nostro beneamato divano sta navigando verso altri lidi, in pancia a un furgone verde, vecchissimo e presumibilmente lentissimo. Arriverà in terra ciociara, dove forse verrà rifoderato e dove un'altra famiglia gli concederà la seconda vita che gli ho negato io. Un po' mi spiace perché sono una donna e, si sa, noi donne ci affezioniamo pure ai personaggi dei telefilm ma questa smania di rinnovamento mi rinvigorisce e mi fa ben sperare. L'augurio che faccio a me stessa, infatti, è che il nuovo divano non conosca solo bava di cane e peli di gatto ma anche latte materno, mocciolo di infante e cioccolato.

Intanto, dopo il consueto smarrimento iniziale, mi sto abituando all'idea del nuovo task lavorativo affibbiatomi venerdì scorso, con scarsissimo preavviso e altissimo tasso di rodimento di chiul. Farò del mio meglio, abolendo lamentele inutili e fasi di cazzeggio. E lo farò per me stessa.
Con buona probabilità il palazzo dovrà ospitarmi tutti i mercoledì e tutti i venerdì fino, almeno, alla fine del prossimo mese. Tanto vale farselo piacere.

L'ora solare ha dato senso a questo risveglio domenicale insolitamente mattiniero e io ne approfitto. Immersa nel silenzio d'una casa ancora dormiente mi beo della luce che entra prepotente dalle finestre. Ho fatto sport, finito di leggere il mio libro, riassettato le stanze. Mi attende una doccia calda, magari preceduta da una seduta di bellezza casalinga. Il lunedì, col suo carico di negatività, sembra ancora lontano.

La vita è il presente, la serenità è fatta di poco e io vorrei, tanto, che quel poco mi bastasse, sempre.


giovedì 22 ottobre 2015

Il corbezzolo e il Beato

Viste la calma e la spensieratezza che contraddistinguono questo periodo della mia vita, giusto per dare un po' di brio alla mia paciosa esistenza, grando capo brizzolato che quando impreca non dice cazzo ma corbezzoli, ha deciso di spedirmi a palazzo domani, venerdì, giorno che il lavoratore medio eleva a migliore della settimana, quasi un part time, un mezzo relax, un cazzeggio maximo.

Io, ultima degli schiavi, ultima arrivata, ultima ad andar via la sera, ho acconsentito col garbo che il mio ruolo di donna di cultura, elegante, fine e in armonia coi presagi astrali pretende. Poi me la sono presa col beato Tomasso, personalità cara al mio estinto nonno che usava invocarlo in malo modo almeno un paio di volte l'ora, quasi come, anzichè una bestemmia, quello fosse un intercalare. Un già, un cioè, un ehm, un infatti.

La verità è che amo questo lavoro, davvero. Mi rappresenta, mi valorizza, mi stimola. Ho lottato per averlo e per riottenerlo e, nel mio piccolo, poverissimo settore, sono fiera di aver raggiunto questo luogo, solo con le mie forze, la mia tenacia e, diciamolo, la mia capacità di apprendimento. Ma le prospettive di carriera sono poche e vane. E, soprattutto, in questo momento della carriera non me ne frega un corbezzolo.

Così, ecco, sono acidella e indisponente e quest'agitazione viscerale non riesce del tutto ad esser celata dalla mia proverbiale educazione, dal sorriso falsato e dalla serenità fittizia.

Mi consolo pensando agli occhi di Biagio, che mi manca molto più di quanto mi sarei mai aspettata. Come una mamma coi sensi di colpa lo vizio oltremisura, non riuscendo a dar retta a quella vocina che insiste nel dire che no, il prosciutto non dovresti darlgielo che gli fa male e che no, sul letto a quattro de spade tra te e tuo marito non ci dovrebbe proprio stare.

Se avrò, anche se ne dubito, la possibilità di essere madre e continuare a lavorare sarò, con buona probabilità, pessima ma consapevole di avere figli felici, sempre.

mercoledì 21 ottobre 2015

Il diavolo calza scarpe stringate

Verrò con buona probabilità bannata dall'ospedale trasteverino che stalkero con cadenza bisettimanale alla continua ricerca di informazioni o cambi di data. Sono stata costretta a rimandare again le analisi previste per venerdì. Colta dal dubbio che lo spotting post mestruale potesse rappresentare un problema ho chiamato il laboratorio e avuto conferma che sì, a ridosso del ciclo nse pole. Niente exploratio vaginalis, niente smanettamenti, niente di niente. Martedì 27 è la nuova data, speriamo ultima.

Di buono c'è che posso smettere di covare rancore e meditare vendetta contro la USI's mater visto che anche venerdì scorso, se avessi fatto i tamponi, ci sarebbe stato il rischio potessero venire male, sballati, falsati. E pensare che per una volta in vita mia non m'ero posta un problema che, appunto, per faciloneria, non credevo proprio fosse un problema.

Non si finisce mai di imparare con la PMA.

Ma il divieto di tamponamento in fase post ciclica non è stata l'unica cosa a stupirmi, today.

Dalle mie parti si usa dire che se andassero di moda i piselli per cappello (sì, fate bene ad essere maliziosi stavolta, non mi riferisco a quelli ammessi nella dieta vegana) tutti ne vorrebbero uno.

Ho sempre pensato di essere una modaiola col beneficio di inventario. C'è un limite - mi dicevo - a quello che la moda può impormi.

Non è vero.

Ne ho avuto prova oggi, quando durante la ricerca spasmodica e disperata di un paio di scarpe eleganti senza tacco, dopo aver peregrinato invano su gran parte degli store virtuali esistenti nella websfera, mi sono soffermata su 'sta roba qua:



Orrore, abominio, assassinio di tutte le forme di femminilità esistenti su grande madre terra.

Eppure sono le uniche scarpe che potrebbero andar bene sotto il mio nuovo tailleur di Mango e sotto, a quanto pare, tutti i pantaloni eleganti smerciati dai grandi magazzini dallo scorso anno (almeno) ad oggi. Quelli stretti sul polpaccio, leggermente alti, che lasciano buona parte della caviglia scoperta. Capirete che le sneakers ci cozzerebbero un po'.

Ma la notizia non è tanto questa. Si sa, la moda è subdola e se compri una cosa fatta così poi non potrai esimerti dall'acquisto di una cosa fatta cosà. Perché, pensateci, le mega collane gioiello non avrebbero senso senza una camicetta accollatissima modello suora laica. O testimone di Geova.

La notizia è che dopo l'ennesima valutazione, l'ennesima attenta osservazione ... beh, quelle scarpe hanno iniziato a piacermi. Un po', solo un po'. Ma il desiderio diverrà presto ossessivo, totalizzante, lurido.

E così sono arrivata alla tragica conclusione che il Grande Fratello esiste. E' Anna Wintour e indossa le Vans.

martedì 20 ottobre 2015

Colpi, colpe e saette

Pare che io non riesca proprio a venir fuori dalla spirale di sfiga in cui sono incappata venerdì scorso, quando la fattanza ha convinto mia suocera ad imitare una delle prodezze meglio riuscite della Kostner, questa:



Non che non ci abbia provato. Ma se lottare contro i mulini a vento come una moderna Don Chischotte in tacco 12 è impresa ardua, immaginate un po' cosa debba essere lottare contro le saette che ti seccano il mega tv della camera da letto.

Avoja a pianficare, definire, programmare, abbattere il rischio. Non c'è partita contro la saetta e, a quanto pare, manco contro mio marito che continua, per noncuranza, a infliggere colpi mortali alle nostre povere finanze, tenute in piedi con sputo e puntine colorate a forza di privazioni, risparmi e formicamenti con l'obiettivo di racimolare tutto il denaro necessario per la caccia all'erede, molto più dispendiosa, sapete, della caccia alla volpe di Elisabetta II, cani compresi.

Che mi sia pijatoammale è il minimo. Che abbia sbraitato contro l'Umile Servo è, magari, meno comprensibile ma sono pur sempre una donna col marchese, che diamine.

A tal proposito, monitoro il flusso ciclico con la speranza che giovedì sera il mio utero sia sufficientemente pulito per ricevere ospiti la mattina del giorno successivo. No, non malignate sciocchi, sono ospiti poco graditi. Il sesso ben fatto, quello che ti si appiccica addosso e ci siamo scambiati la pelle, le anime e le ossa è un ricordo sfumato, lontanissimo e piacevole. Come i gelati Eldorado. Manco so se li assaggerò più.

Ma se è vero che ad ogni rinuncia corrisponde una contropartita considerevole, beh, inizio a sfregarmi le mani che qua siamo a cavallo.

Nel frattempo altre terribili paure affollano i miei pensieri. Stavolta tocca ai follicoli, rei di aver insinuato nella mia testa il sospetto di non essere diligienti e rfiutarsi di crescere come dovrebbero. Ad alimentare il timore parole lontante nel tempo e nello spazio, quelle di SantoSpirito. E poi ci sono i blog. Le esperienze, quelle brutte soprattutto, delle altre ricercatrici mi condizionano fino a convincermi di soffrire anche io dello stesso male e della sorte toccata a loro.

Decidere di non leggere è una scelta coraggiosa, perché il bisogno di identificazione  e riconoscimento sfora i confini del buon senso. Ma devo impormelo. Perché ogni storia è unica ed io devo scrivere la mia.

sabato 17 ottobre 2015

La colonna sonora d'un sabato inadempiente

Un sabato qualunque, un sabato italiano

Il peggio sembra essere passato ma la stanchezza, quella no. Tiene in ostaggio i miei sensi, va a braccetto con inadempienza, apatia e noia.

Sono le cinque del pomeriggio, il letto è disfatto e Biagio ci dorme sopra, impunito, impertinente. I miei capelli necessitano di un lungo shampoo, le mie unghie d'un colore accesso, la mia casa d'una sistemata, il garage pure di una ripulita visto che s'è allagato qualche giorno fa.

Il caffè e il Kinder Maxi non hanno sortito gli effetti sperati, una delle poche volte in cui il combo zucchero - caffeina fallisce la sua missione.

Ho sonno ma non dormo, tanta voglia di fare ma non faccio.

Fisso l'orologio quasi serenamente. Inconsapevole, è evidente, della fugacità del tempo.

Come si cambia, per non morire

Intanto, per allietare una giornata grigiastra, Sister G. si diletta in attività dall'alto valore morale e scientifico: le prese per il culo. Nello specifico sta inviando foto di tal Emme Sardegna, un tipo conosciuto durante una vacanza, appunto, in Sardegna, che s'era preso una sbandata per la sottoscritta, nonostante un fidanzamento pluriennale. Il donzello era, per la verità, un bel manzo, all'epoca. Spalle grandi, tartaruga, occhio azzurro, labbra carnose. S'è trasformato in Renato Pozzetto e pare abbia una smisurata passione per la pesca, unico sport che, a quanto pare, sembra praticare al momento.

Non l'ho rovinato io, giuro. Non avrei mai avuto nulla da condividere con un truccatore anche se mi avrebbe finalmente insegnato come mettere il fondotinta senza sembrare un'attrazione del museo delle cere o Moira Orfei.

Ricordi fiorivan le viole

Facebook può essere crudele anche nelle buone intenzioni. Da qualche tempo, occasionalmente e, suppongo, senza criterio ti sbatte in faccia post datati uno o più anni fa, postati nello stesso giorno della data corrente.

Due anni orsono, per esempio, sembra io stessi facendo merenda con una bombetta alla Nutella seduta alla scrivania del mio vecchio lavoro. Il motivo per cui resi edotto il popolo social di quel fatto privo di interesse è ignobile, infantile: ingelosire, marcare il territorio. Con l'aiuto mefistofelico di Sister G., che mai si sarebbe sottratta a una collaborazione di bassa lega ma, ammettiamolo, assai divertente.

Non ha senso, comprenderete, essere viziate se poi non possiamo vantarcene sottintendendo al nostro vanto una manifesta superiorità, un potere che io esercito e tu no, perché a me compra la bombetta a te no. 

Donne, du du du, in cerca di guai

Le conseguenze di quel gesto superficiale e volutamente provocatorio non si fecero attendere e confermarono i miei sospetti: la mia bacheca veniva costantemente stalkerata.

Di positivo c'è che quel ricordo sbattuto in faccia con inappropriata tempistica mi ha fatto capire che da allora molte cose sono cambiate, si sono evolute e che nonostante adesso la situazione non sia per niente facile è, nel complesso, migliorata.

Non ho più bisogno di dimostrare a niente e a nessuno di essere sul podio per qualcuno.

Perché sul podio io mi ci sono messa da sola. E nessuno mi tirerà più giù da lì.



venerdì 16 ottobre 2015

Frustrazione e fattanza

Era partita bene e sarebbe finita pure meglio. Ma l'uomo propone e Dio o chi per lui dispone. Nel mio caso a distruggere i miei rigorosi piani è stata mia suocera che ha pensato bene di ammucchiarsi sulle scale all'una di notte mentre io, vedova bianca di marito assente, mi ero concessa il sonno riposante d'un pupo chiudendo miracolosamente gli occhi alle 10 e 30 in previsione di riaprirli alle 5, fare un'altra lunghissima fila al bonfratelli, portare a casa pap-test e tamponi, andare a lavorare e stramazzare al suolo stanca ma felice alle 10 della sera successiva, oggi.

Il citofono ha suonato due o tre volte. Il primo pensiero che mi è passato per la testa è stato è papà, è successo qualcosa a mamma. Col cuore fuori dal petto, le gambe molli e la faccia di cera bianchissima ho sbiasciato un chi è che sapeva di paura, lacrime e morte. Ho persino pensato e se fosse un ladro? sarebbe scemo a citofonare, più scema io a rispondere.

Era l'amico libanese. Il gigante buono che ciondolante e imbarazzato alla vista del mio pigiama verde acqua a fiorellini rosa e dei calzettoni di lana infilati alla meno peggio sopra il pantalone del suddetto pigiama, mi comunicava la nefasta notizia.

Di nefasto, in realtà c'era ben poco. E per fortuna, certo. Se non fosse che mia suocera stava come una zucchina. Fatta di gocce del nome oscuro, in evidente stato confusionale.

Facendo appello al mio buon cuore e all'immenso amore per mio marito mi sono occupata di lei, lasciandola dopo più di un'ora in preda a quello stesso sonno profondissimo e tronfio che aveva avuto così cura di togliere a me.

Manco a dirlo non mi sono riaddormentata che per le tre, quando in preda a dolori da ciclo ho pensato di rimandare le analisi a data da destinarsi.

La frustrazione di questa giornata è iniziata lì. Sì perché del ciclo, ora che sono quasi le otto di sera, non c'è manco l'ombra. Avrei avuto tutto il tempo di esporre, per l'ennesima volta, le mie grazie al vento. E se fossi rimasta a dormire il mattino dopo, fresca a risposata, avrei senz'altro scelto di tentare la sorte, nonostante la PMS in dirittura d'arrivo.

Ma non finisce qui.

Lungi da me equiparare un superficiale acquisto su Zalando al mio progetto di maternità ma quando il corriere, dopo aver tentato tre volte, è riuscito a mettersi in contatto con la sottoscritta per comunicarmi che non aveva trovato casa di mamma, non aveva, quindi, consegnato i miei fantastici stivali neri e, anzi, se ne stata pure andando rimandando l'incontro a lunedì, ho iniziato a comprendere dentro quale oscuro circolo di sfighe concentriche m'ero cacciata.

A lavoro, infatti, non è andata meglio. Quattro ore in solitaria. Dense, problematiche, pesanti. E la frase tanto il venerdì pomeriggio non succede mai niente che suona come una crudele presa per il culo.

Insomma sono senza analisi, senza stivali e c'ho pure la socera fattona.

Ma domani é un altro giorno. E vedi mpo'.

lunedì 12 ottobre 2015

Riti purificatori

Il tailleur di Mango e la blusa color champagne mi rendono austera e professionale, ritratto di efficienzta teteska mescolata a stakanovismo russo. Ma vorrei solo passeggiare sotto il sole tiepido e il cielo terso di Roma, magari in jeans. Oppure andare al mare, affondare i piedi nella sabbia fresca e umidiccia e meditare intorno al mondo e alla teoria del caos.

Non pensare a un cazzo, in sostanza.

Succede che un giorno ti svegli Miranda Priestley e quello dopo la prospettiva di nutrirti di brodo di pollo e vivin C ti sembra un buon compromesso per non andare a lavoro e restare sotto il piumone, sollazzata dal dio della nullafacìenza. E da Real Time.

Il week end dura solo poche ore per chi, come noi, si vede costretto a concentrare in due giorni scarsi quelle piccole, insidiose incombenze quotidiane che, per ragioni di tempo, non trovano spazio nei giorni feriali. Così il lunedì volteggia rapace sui nostri corpi dormienti appesantendo l'aria con l'alito nefasto dell'incompiuto e della sua inevitabile conseguenza: la frustrazione.

Sfido Leopardi a descrivere meglio quest'insofferenza malcelata, quest'apatia, questo rifiuto delle realtà e pure 'sta cazzo de cecagna.

Sforzarsi di iniziare bene a poco serve. Stamattina, per esempio, ho abusato del mio corpo, introrpidito dall'uso sconsiderato di carboidrati, grassi saturi e olio di palma, costringendolo a 15 minuti di cyclette, 50 squat, qualche sessione di addominali, stretching. Il tutto dopo un'abbondante colazione che prevedeva caffè ma NON nutella e mezzo litro d'acqua liscia mandata giù a forza, in preda a deliri purificatori che manco all'Opus Dei.

Sul bus, non paga, ho dato seguito alle mie virtuose intenzioni regalando un bagno di salute anche al mio cervello. Mi sono immersa, per la prima volta dopo lungo digiuno, in un libro vecchio, con le pagine e la copertina ingiallita ma il contenuto che, sempre uguale a se stesso, disegna scenari intricati in epoche lontante e luoghi sconosciuti. Il nome della Rosa, di Umberto Eco.

Nonostante il salubre ciclo mattutino che, in ogni caso, ho intenzione di ripetere, mi rode il culo. La mia capacità comunicativa è ridotta, resa complessa dalla lingua impastata, dai riflessi rallentati e da un discreto livello di sociopatia.

Sono staccata, disconnessa, inutile.

La verità è che per combattere il lunedì ci vorrebbe solo il mare. O un'altra domenica.

giovedì 8 ottobre 2015

Tordi e grilli

Non sono solita vantarmi ma posso affermare con discreta sicurezza di avere gli skills sufficienti per occupare la poltrona della Lorenzin, al Ministero della Sanità. Sono perfettamente informata riguardo orari, ricette, modalità, costi. Ho persino chiamato negnente chiedendogli una nuova prescrizione in luogo di quella che accorpava due esami e, forse, visto che ne ho fatto solo uno, mi avrebbe creato problemi in accettazione, al momento della registrazione e dell'oneroso pagamento.

Ho deciso di andare al bonfratelli il prossimo venerdì per Pap-test e tamponi, nella speranza di riuscire a far tutto entro mezzogiorno per iniziare in orario il mio turno di lavoro pomeridiano.

Quando a tordi e quando a grilli. Così si dice dalle mie parti e così, pare, si dica anche nel frusinate, terra natìa di Collega Enne. In sostanza significa quando troppo e quando niente ma, si sa, i burini adorano complicarsi la vita con metafore pastorali di dubbio gusto e non facile interpretazione.

Se fino a otto mesi fa la mia vita non poteva dirsi degna di quanto, nell'immaginario collettivo, ci si aspetterebbe da una trentenne iperattiva oggi nun so' a chi da er resto. Il lavoro pressa. Sbocaccio (alias il mio desiderio di maternità e pure, diciamolo, il mio orologio biologico) pure.

E' tutto un rifior di progetti a breve, media e lunga scadenza e si parla, come se i miei dubbi non fossero già abbastanza nebbiosi, di una possibile proroga di un anno. Un anno. E' tanto tempo, per me. E mi darebbe l'oppotunità di un contratto decente, sopra la soglia dello schiavismo.

Il rischio di fare la scelta sbagliata è duplice. Potrei fare bingo, è vero. Ottenendo malattia, maternità e tutele e sfruttando questi nuovi diritti per starmene 15gg a casa e sfornare un marmocchio, magari pure due. Potrei ottenere solo una delle due cose. Scegliere un anno di lavoro, carriera, successo e, soprattutto, sicurezza economica comporterebbe rinunciare, again, all'idea della FIVET. Ma scegliere di tentare subito la PMA significherebbe rinunicare al lavoro, definitivamente. E poi potrei perdere tutto, lavoro e speranza di diventare madre. Prospettiva suicida.

In cuor mio, in verità, già so cosa c'è sul podio. Ma ho paura, non lo nego, di perdere sicurezze, anche e soprattutto legate alla mia autostima, che ho conquistato a lacrime e sangue.

Ammonisco i miei fondati timori dicendo a me stessa che l'importante è fare un passo alla volta. Ma sempre in avanti.

Mai tornare indietro, nemmeno per prendere la rincorsa.

domenica 4 ottobre 2015

All'inizio fu il sangue

Misteriose e temibili leggende aleggiano intorno al centro prelievi dell'ospedale capitolino più antico, specializzato, efficiente, centrale e impenetrabile: il Fatebenefratelli. Si narra di file interminabili e attese estenuanti, di gente soffocata dalla massa, inghiottita dal Tevere, diventata ologramma, costretta ad accoppiamenti multipli e simbiotici con la plastica rossa delle sedie della sala d'aspetto. Se volete fare le analisi al Fatebrenefratelli dovete alzarvi presto. Non presto come quando andate a lavorare, neppure presto come quando andate a pisciare il cane prima di andare a lavorare. Presto, piuttosto, come un volo Ryanair o, paragone più calzante, come i vespri mattutini dei monaci benedettini. La nostra sveglia, per intenderci, era puntata alle 4 e 40 del mattino, siamo partiti alle 5 e un quarto, arrivati alle 6. Eravamo terzi, così abbiamo potuto sperimentare il curioso fenomeno della metafila. Una fila per prendere i numerelli per fare un'altra fila. Una diavoleria.

Nonostante la pole position e la priorità concessami della curva glicemica, sono riuscita a consegnare in accettazione il pacco di ricette solo alle 8 meno 10 e per la prima volta non mi sono sentita in imbarazzo, osservata, compatita o fuori luogo visto che la stragrande maggioranza delle coppie era lì per il nostro stesso motivo: combattere l'infertilità.

Se non avete un cuor di leone la pma ve ne fornirà uno in comodato d'uso. Eppure quando ho visto le 10 ampolline vuote che avrebbero, di li a poco, ospitato il mio sangue denso, non ho potuto fare a meno di pensare alla mia pressione ballerina, tendente al collasso, e di chiedere alla suorina portoricana se fossero tutte per me. Sì - ha sorriso lei - e dobiamo far altre tres buchi ogi. Ma andrà todos bien!. Tutti sadici co' le vene dell'altri.

Un bicchierone di sciroppo di glucosio più tardi mi sono resa conto che avrei potuto sfruttare la stessa fila, la stessa priorità e la stessa alzataccia per fare tamponi e pap-test. Del resto l'immobilità tra un prelievo e l'altro, impostami dalla monaca, mi ha dato una buona scusa per giustificare l'armistizio concesso al mio corpo e alle mie finanze. Così dovrò tornare per una seconda trance. All'appello manca anche un ECG e un'ecografia mammaria. Ma ho tempo. Il prossimo appuntamento con Sboccaccio è fissato per il 16 dicembre e le analisi non saranno pronte che tra un mese.

Nel frattempo combatto come meglio posso l'ipocondria. Oltre agli evergreen, la paura del cancro e quella di aver contratto una gravissima malattia infettiva come epatite o HIV, il mio cruccio sono gli anticorpi anti-nucleo e l'insulinoresistenza. La coagulazione no, quella tanto è già una bella merda.

Insomma è tutto sotto controllo. Ora scusatemi, vado a prendere lo Xanax.